Gli italiani spendono di più per la cultura. Nonostante i ministri

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Gli italiani spendono in cultura. In questi anni tremendi in cui la crisi finanziaria mondiale colpisce più duramente, la spesa dei nostri connazionali per visitare musei, andare a teatro e visitare monumenti è aumentata del 7,2% dal 2008. Il dato relativo ai musei, in particolare, è impressionante: più di 40 milioni di biglietti staccati nel 2011.

Queste cifre provengono da uno studio effettuato da Federculture, l’associazione delle aziende pubbliche e private che lavorano nel settore (qui il sito web), presentato lo scorso 12 giugno. Nel nostro Paese c’è un settore industriale che guadagna – nonostante il disinteresse dello Stato che in 3 anni ha diminuito gli stanziamenti del 36,4%.

Peraltro il disinteresse dello Stato italiano per la cultura ha radici storiche: nel 1955 la spesa pubblica nel settore rappresentava lo 0,80% del Pil, il Prodotto interno lordo, nel 2011 è stata dello 0,11%. Nel 2010 due ministri del governo Berlusconi, Sandro Bondi e Giulio Tremonti, litigarono pubblicamente sul taglio dei fondi (qui qualche notizia al riguardo). In sintesi, Bondi da ministro dei Beni culturali chiedeva soldi almeno per puntellare i muri di siti archeologici importanti come quello di Pompei, che tendevano a crollare a ogni temporale, e Tremonti da ministro dell’Economia gli rispondeva che «non si mangia con la cultura», e quindi non stanziava fondi.

Un’opinione simile l’hanno avuta, nello stesso periodo, anche gli sponsor privati, che sulla cultura hanno smesso di investire: la loro spesa nel triennio 2008-2011 è diminuita del 25,8%.

Altri operatori, come quelli di Federculture, invece ci hanno creduto. Perché la cultura e il turismo, in Italia, hanno un valore economico di circa 71 miliardi di euro, ovvero il 15% del Pil. E potrebbero crescere ancora di molto, considerato che il nostro Paese è la sede di una percentuale significativa del patrimonio artistico dell’intero pianeta Terra.

Giulio Tremonti aveva torto: con la cultura si mangia.

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