Premio Dona, protagonista è l’Intelligenza dei dati.

Nella tutela del consumatore il diritto alla protezione dei dati è “presupposto di libertà e non discriminazione”, dice il Garante Privacy Antonello Soro.

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Premio Dona, protagonista è l’Intelligenza dei dati.

Nella tutela del consumatore il diritto alla protezione dei dati è “presupposto di libertà e non discriminazione”, dice il Garante Privacy Antonello Soro.

La tutela dei dati è dunque “presidio di liberà” nei confronti dei rischi presenti nella profilazione e nella “monetizzazione” dei propri dati. E proprio all’universo dei dati è dedicata l’odierna edizione del Premio Dona, organizzata dall’Unione Nazionale Consumatori, che si è concentrata sulla Intelligenza dei dati e ha premiato il Garante Privacy come personalità dell’anno. Dati e big data, cybersicurezza e tutela privacy, data economy e marketing. Rischi e opportunità dell’economia fondata sui dati sono al centro dell’evento, giunto alla dodicesima edizione, che quest’anno vede protagoniste le opportunità e i rischi dell’utilizzo dei dati personali: dal marketing alla grande distribuzione, dall’Internet delle cose alla cyber sicurezza, passando naturalmente per la tutela della privacy con uno sguardo rivolto al futuro della “data economy”. A fare gli onori di casa il presidente UNC Massimiliano Dona. “I dati sono considerati l’oro del nostro tempo, un’autentica moneta di scambio per avere beni e servizi di qualità, a condizione, naturalmente che lo scambio sia consapevole, trasparente ed equo – dice Dona – Ne parliamo con istituzioni, imprese, esperti, cercando di liberarci dai pregiudizi che hanno circondato in questi mesi l’utilizzo dei dati personali, frutto anche dei numerosi casi di cronaca che li hanno visti protagonisti in negativo (da Cambridge Analytica in poi). Affrontiamo il tema in un’ottica propositiva, presentando i Big Data come un’opportunità per i consumatori e per le stesse imprese, seppur con le doverose precauzioni. Grazie ai dati l’uomo è andato nello spazio, ci avete mai pensato? Proprio per questo ad aprire il nostro evento abbiamo chiamato un cosmonauta, Walter Villadei, ma non solo! I dati sono musica e tra i nostri ospiti abbiamo la violinista elettronica Luvienne che si esibirà sul palco. I dati, poi, hanno senz’altro bisogno di etica e per questo il Premio Vincenzo Dona per le personalità, quest’anno va al Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro.” Il presidente del Garante Privacy Soro sottolinea che nell’ambito della tutela del consumatore “il diritto alla protezione dei dati personali si manifesta con evidenza maggiore  quale presupposto di libertà e non discriminazione, fattore in grado di riequilibrare -in un panorama segnato dalla ‘rivoluzione’ dei big data- il rapporto tra persona e mercato, dignità e iniziativa economica, autodeterminazione e politiche commerciali. Il sempre più esteso ricorso alla profilazione in funzione strumentale alla pubblicità mirata, così come la tendenza crescente alla ‘monetizzazione’ dei dati personali, utilizzati quali corrispettivo di beni e servizi offerti solo apparentemente in via gratuita, rappresentano infatti fenomeni potenzialmente rischiosi per la libera e autonoma determinazione delle persone”. Per Soro, dunque, “la disciplina di protezione dati rappresenta, in questo senso, uno straordinario presidio di libertà, prevedendo (anche grazie alle innovazioni introdotte dal nuovo quadro giuridico europeo) le garanzie essenziali per assicurare quella fiducia nell’economia digitale indispensabile al suo stesso sviluppo, come recita il GDPR.” Ma qual è l’atteggiamento degli italiani verso i dati? Oltre sette su dieci sono consapevoli che i dati hanno un valore commerciale e il prezzo medio che chiederebbero a un’azienda per “spiarli” si aggira fra i 90 e i 100 euro. A dirlo è una ricerca condotta da PHD Italia, agenzia media e di marketing di Omnicom Media Group, sul tema “L’insostenibile leggerezza del dato”. Sostiene Alessandro Lacovara, Managing Director: “Il 73% degli intervistati dice di sapere che i propri dati personali hanno un valore commerciale e il 62% sa bene cosa vorrebbe in cambio una volta ceduti: denaro contante. 90 euro al mese è il prezzo medio che gli italiani chiederebbero a un’azienda per consentirle di ‘spiare’ le proprie abitudini d’acquisto e le ‘tariffe’ salgono oltre i 100 se a essere monitorate sono informazioni di tipo medico o che riguardano la propria intimità. Troppo poco? Lasciamo tracce online ogni giorno, quasi senza accorgercene, e la tecnologia le utilizza apparentemente senza sforzo. Ma questo lavoro silenzioso sta cambiando tutto e affrontare marketing e comunicazione senza capire la centralità del dato è -oggi e domani- insostenibile: i brand dovranno sempre più concentrarsi su come ottenere la fiducia dei consumatori in merito alla gestione dei dati personali e da questo dipenderà il fallimento o il successo delle aziende del prossimo futuro.”

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