In Italia i telefonini cellulari si comprano in quantità, ma non si usano per telefonare, o meglio, non soltanto. Su quasi 96 milioni di carte sim in circolazione (per la precisione 95˙910˙000, ossia più di 1 e mezzo a persona in media) 39,4 milioni sono alloggiate all’interno di smartphone, ovvero i cellulari che possono anche essere utilizzati per navigare in internet come gli iPhone di Apple o quelli che utilizzano il sistema operativo Android.

E l’utilizzo principale degli smartphone è quello di inviare messaggi di testo – però non con la modalità sms, che costano all’utente fino a 15 centesimi di euro l’uno, bensì con applicazioni di posta elettronica, che costano molto meno. Per le aziende telefoniche è uno svantaggio, ma per gli utenti è vantaggiosissimo.

Questi dati li ha pubblicati l’Agcom, cioè l’Autorità italiana per le garanzie della comunicazione (a questo link nel web) che infatti ha rilevato una diminuzione del fatturato totale delle aziende telefoniche attive nel nostro Paese, che nel 2011 è stato di 40,6 miliardi di euro, in diminuzione del 3,7% rispetto al 2010, anno in cui c’era già stata una contrazione del 3,4% rispetto al precedente. Una diminuzione dovuta in gran parte al traffico generato dai servizi in voce, calati del 9,9%. Il traffico dati, invece, è cresciuto del 6,6%.

In pratica, ogni possessore di sim ha speso in media 179 euro nel 2011, con un risparmio medio di 8 euro rispetto ai 187 euro del 2010. Per navigare in internet, però, la spesa media è stata di 26,06 euro contro 23,25 euro dell’anno prima. Per mandare sms, la spesa è stata di 24,29 euro per sim.

Dal punto di vista delle aziende, il mercato dei dati generato dagli smartphone non è ancora preponderante: sono 4,9 miliardi sul totale di 40,6. Però in quel totale sono calcolati anche i minuti di conversazione in voce, che nel 2011 sono state di 85 miliardi di minuti sulle linee fisse (in diminuzione dell’11% rispetto al 2010) contro le conversazioni in mobilità che sono state di 136 miliardi di minuti.

La questione cruciale, va detto, sono i costi di esercizio. Inviare un sms, dal punto di vista tecnologico, non costa di più rispetto a inviare una e-mail. Una tariffa di 15 centesimi a messaggio è perciò spropositata, e in Italia è molto più alta che altrove. I costi reali sono valutabili in millesimi di euro o addirittura in frazioni di millesimi.

L’Agcom, su questo, sta facendo indagini.

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