La più grande miniera d’oro al mondo è sotto gli oceani. A 3˙000 metri di profondità

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Sul fondo degli oceani c’è tanto oro da risolvere i problemi finanziari del mondo: un valore stimato in oltre 15˙000 miliardi di euro. Il giacimento, ovvero i giacimenti (perché sono praticamente ovunque, dall’Atlantico del nord al Pacifico, e nell’Oceano Indiano nei dintorni di quasi tutte le isole emerse) si formano intorno ai cosiddetti «Black Smoker», che sono qualcosa a metà tra i geyser e i vulcani: ciminiere che si formano nelle spaccature tra le zolle tettoniche, e che fanno fuoriuscire dalla crosta solida del fondo marino il materiale, perlopiù costituito da minerali, che ci sono al di sotto allo stato quasi liquido.

C’è però un problema, la profondità. Per raccogliere quell’oro occorre scendere almeno a 3˙000 metri di profondità.

Su queste ricchezze sommerse si trovano diversi documenti in internet, un po’ sottotraccia perché al momento nessuno è ancora riuscito a sfruttarle. Ma la De Beers, una delle principali aziende minerarie mondiali il cui core business è proprio l’estrazione di oro e diamanti, ha reso noto un suo progetto di sfruttamento (ne ha parlato Eugenio Occorsio su Affari&Finanza dello scorso 23 luglio) che ha risvegliato l’interesse.

Anche perché la stessa De Beers sta verificando il quasi esaurimento delle proprie miniere di terra, soprattutto quelle del Sudafrica. Nel 1974 in ogni tonnellata di pietra estratta c’erano 0,15 once di pagliuzze d’oro, oggi ce n’è una media di 0,04 once, con una diminuzione di 3/4 nella capacità.

Questo è uno dei motivi per cui è aumentato il prezzo dell’oro sul mercato. Negli anni ’70 un’oncia (pari a 28,35 grammi) si vendeva a circa 300 dollari americani, adesso il valore supera i 1˙500 dollari.

Non tutto il costo dell’oro dipende dalle difficoltà di estrazione, perché poi questo metallo è un tradizionale bene rifugio e il suo valore dipende anche da altri fattori, come le guerre e le speculazioni delle grandi banche. Però ai prezzi attuali costruire navi attrezzate e robot che possano scendere nel fondo degli oceani e resistere a quelle condizioni ambientali proibitive diventa conveniente.

Per le aziende minerarie il mare ha poi un altro vantaggio: la maggior parte della superficie è libera. Le terre emerse costituiscono solo il 25% della superficie del nostro pianeta, e sono piene di confini, di leggi da rispettare, di inquinamento da evitare. Il mare, all’apparenza, è lì solo che aspetta di essere sfruttato. Più della metà della superficie planetaria è definito «acque internazionali».

Finora mancavano le tecnologie adeguate. Adesso ci sono, o le si sta approntando.

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